Lutero e Aristotele – Citazioni…


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Infatti, di grazia, quanto numerosi sono gli argomenti in cui, a giudizio degli stessi scolastici, san Tommaso ha sbagliato! Ma ciò che è ancor più grave è che, ormai da più di trecento anni, tante università e in seno a queste tanti luminari di primo piano e tanti assidui studi di questi luminari si concentrano solo su Aristotele, e nonostante ciò fino ad ora non solo non comprendono Aristotele, ma anche diffondono errori e interpretazioni scorrette quasi in tutta la chiesa. E comunque anche se comprendessero ciò che egli afferma, soprattutto in quei libri di Aristotele di cui fanno maggior uso, non avrebbero guadagnato nulla dell’eletta saggezza, visto che proprio sulla base di precise citazioni di questi suoi libri Aristotele viene smascherato da Aulo Gellio (nel quarto capitolo del ventesimo libro) e dal Sermone contro gli Ariani di Gregorio Nazianzeno come null’altro che un inventore di labirinti verbali e un parolaio attaccabrighe. In questo forse sembrerò spavaldo, impudente, temerario, ma magari avessi ancora vita e tempo libero sufficienti per render conto di questa mia temerarietà e per poter far fede alle mie parole; ché forse allora riuscirei a far intuire che le mie opinioni non sono state espresse a caso. Certo che non tenterei di mettere d’accordo Aristotele con Platone ed altri ancora, come aveva iniziato a fare Giovanni Pico della Mirandola, ma dipingerei Aristotele con i suoi colori, così come merita di essere dipinto, lui che è dichiaratamente un puro inventore di parole (come dice Gregorio Nazianzeno), uno che si fa gioco dell'intelligenza altrui. Ma allora, se Dio ha permesso che per un così lungo tempo e in così tante menti abbia potuto dominare una coltre così spessa di nebbia e tenebre, perché ci compiacciamo ancora tranquillamente di noi stessi e piuttosto non abbiamo in sospetto (come è giusto che facciano i cristiani) ciò che è nostro, così che solo Cristo sia luce, giustizia, verità, sapienza e ogni nostro bene?


Nam in quantis, quaeso, B. Thomam etiam Scholastici errasse arguunt! Immo quod maius est, iam plus trecentis annis tot universitates, tot in illis acutissima ingenia, tot ingeniorum pertinacissima studia in uno Aristotele laborant, et tamen adhuc non solum Aristotelem non intelligunt, verum etiam errorem et fictam intelligentiam per universam pene ecclesiam spargunt, quanquam si etiam intelligerent eum nihil egregiae sapientiae adepti essent, praesertim in eis libris Aristotelis, quos usitatiores habent, in quibus vel ipsiusmet testimonio apud Aulum Gellium li: xx. c. iiij. et Gregorium Nazanzenum in ser: adversus Arrianos non nisi merus logodedalus et logomachus deprehenditur. Audax, impudens, temerarius forte hic videor, atque utinam mihi tantum superesset aetatis et ocii, ut huius temeritatis meae rationem reddere et verbis meis fidem facere possem, forte efficerem, ut non frustra sic sapere viderer. Non Aristotelem cum Platone et aliis concordarem, quod Ioannes Picus Mirandolanus cepit, sed Aristotelem suis coloribus pingerem, sicut dignum est pingi eum, qui ex professo est artifex verborum (ut Gregorius Nazanzenus ait) et illusor ingeniorum. Si itaque per tantum tempus in tantis ingeniis permisit deus tantum nubis et tenebrarum dominari, quid adhuc nobis ita securi placemus et non potius (sicut Christianos decet) omnia nostra suspecta habemus, ut solus Christus sit lux, iusticia, veritas, sapientia, omne bonum nostrum?

Resolutiones disputationum de indulgentiarum virtute 1518 - WA 1,611,25-612,4
Riferimento ad Aristotele:


Commento di Eugenio Andreatta

Un piccolo compendio della critica luterana ad Aristotele, in cui sono presenti quasi tutti i motivi fondamentali. Nell’ordine: 1. la degradazione dell’insegnamento universitario medievale a causa di Aristotele; 2. l’incomprensione scolastica del filosofo; 3. la distinzione, all’interno dell’opera aristotelica, tra opere più o meno “pericolose”; 4. la caratterizzazione dello stesso Aristotele come non-filosofo, vuoto sofista (in queste righe si torna due volte sul concetto); 5. il proposito di fornire una migliore interpretazione di Aristotele e di dedicare ad essa parte della propria attività; 6. il rifiuto di interpretazioni concilianti, con esplicito riferimento al tentativo appena iniziato (cepit) di Pico della Mirandola; 7. l’invito ad abbandonare Aristotele per abbracciare Cristo. Da sottolineare soprattutto il terzo e il quarto punto. Per quanto riguarda il terzo, si può pensare che le opere di cui Lutero parla siano quelle di cui parlerà nel 1520: la Metafisica, l’Etica Nicomachea, la Fisica, il De anima, cioè le più “metafisiche”. La caratterizzazione negativa di Aristotele (5. punto), inoltre, qui è inequivocabile, e non valgono le interpretazioni di chi, come Ebeling (Luther. Einführung in sein Denken, Tübingen 19814 (1a ed. 1964), p.95), afferma che la critica luterana ad Aristotele è in realtà critica all’Aristotele interpretato in senso teologizzante dagli scolastici, proprio per il fatto che qui è Lutero stesso a parlare di un Aristotele “dipinto con i suoi stessi colori” e quindi purgato dalle “fuorvianti” interpretazioni medievali. Da notare infine il ricorso a due autori platonizzanti, sia pur in modo diverso l'uno dall’altro: Aulo Gellio e Gregorio Nazianzeno. Proprio attingendo a questi autori Lutero può definire Aristotele logodedalus, logomachus, artifex verborum. Non sono (solo) insulti, ma precisi rilievi. Aristotele viene visto come un manipolatore di concetti (logos, verbum) ai quali non si riconosce alcun fondamento. Negli anni successivi Lutero riprenderà le stesse accuse in modo ancor più circostanziato.

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